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Venerdì 25 Novembre 2016 - ore 18:00 – Caffè dell’Ussero di Pisa - Valeria Serofilli incontra l’Autrice Adua Biagioli Spadi.

Incontri al Caffè dell'Ussero di Pisa > Incontri Letterari 2016
Nella foto da sinistra: Rodolfo Baglioni, Sergio Berti, Adua Biagioli Spada, Valeria Serofilli e Giovanni Bottaro

L’ALBA FIORITA ED ELABORATA DI ADUA BIAGIOLI SPADI
Nota di lettura(.pdf) di Valeria Serofilli al volume L’alba dei papaveri ( La Vita Felice Edizioni 2015) di Adua Biagioli  Spadi

“Stringerai un'immagine di me/ fra le dita tue spietate,/ ma sceglierai?”. Sono questi i versi iniziali della lirica “L'immagine di me” e costituiscono una delle possibili chiavi di lettura del libro L'alba dei papaveri che Adua Biagioli  Spadi ha pubblicato  nel 2015 per i tipi de La Vita Felice . Si correlano in modo diretto e immediato al sottotitolo del volume, vero e proprio codice di accesso per comprendere gli intenti e i significati più intimi di questo testo: “Poesie d'amore e identità”. L'amore genera passo dopo passo il modo di essere di chi lo vive, sia come oggetto che come soggetto. Cambia le prospettive, gli orizzonti, muta esternamente ed internamente. È il termine di paragone, spesso spietato nella sua sincerità, come le dita a cui si è fatto cenno nei versi citati in apertura.
In questo suo volume l'autrice indaga con sincerità su se stessa, ma non in generale e in modo astratto  in quanto esplora la sua identità in rapporto al più possente e stravolgente dei sentimenti.
Il linguaggio adottato è lineare, in apparenza semplice. Ma è utile per descrivere in modo nitido i tempi e i modi, i mutamenti che sono generati dal modo di sentire e di rapportarsi con il mutare dei tempi nei confronti di ciò che si ama e di chi si ama. Mostra in modo esplicito e sincero ciò che resta e ciò che cambia. Facendo riferimento ancora ai versi della poesia “L'immagine di me”, si nota, nel finale, un bilancio che non lascia spazio a incertezze: “fino a che riprendi la parte che ho più intatta/ che fuggita/ nel tuo abbraccio si consuma”.
Anche nelle liriche più descrittive, come quella che dà il titolo al libro, “L'alba dei papaveri”, la descrizione della natura non è meramente estetizzante, non c'è esclusivamente l'esaltazione dei colori, delle forme e delle bellezze paesaggistiche. Tutto è finalizzato all'esplorazione, allo scandaglio della propria interiorità, in rapporto al suo desiderio e al suo pensiero fisso e ricorrente, l'amore, il suo amore: “rapita dalle accese memorie/ allo scandaglio di me quasi sposa, / quasi dall'amore intimidita”.
L'amore qui va inteso in modo ampio, non esclusivamente riferito al rapporto tra sposi o compagni. Si parla anche dell'amore familiare, e alcune delle liriche più intense sono proprio quelle dedicate alla madre e al padre, ad esempio. Quest'ultima, una delle migliori e delle più intense del libro, è sospesa tra realtà e sogno, o meglio di un ricordo così vivido che sconfina nei territori onirici per poi ritrovare la forza e la nitidezza della realtà. E non è un caso che la lirica stessa evochi parole, quelle dei racconti che il padre faceva all'autrice. Favole o comunque storie di fantasia che, rivissute nell'ottica degli anni e nell'ambito dell'affetto profondo, sono viste, alla fine, come le sole realmente vere:
“E’ un libero sapore il tuo,
sapore di equilibrio.
Poi inventi nei colori e dentro ai quadri
anche il mio nome,
il cuore acceso.
Unico
è anche il cielo senza sole
quando parli
coi miei sogni
di tutte le storie,
di quelle che sembrano
le uniche vere.”
(A mio padre)

Possiamo dire che questo episodio personale, intimo, individuale, assume anche una valenza simbolica e metaforica: anche nell'amore ciò che realmente conta e quello che davvero esiste è la fantasia generata dall'affetto profondo e poi rafforzato da gesti concreti e reali. La dimensione concreta viene sublimata ma poi rafforzata e alla fine resta ciò che davvero conta e resiste agli anni: un legame che non muta, esclusivo, in grado di resistere agli assalti del tempo e alle ferite della sorte.
Un libro che si legge in modo gradevole, la cui forza è quella di parlare di eventi e sentimenti personali in modo così schietto e sincero da assumere una valenza più ampia. Pur nelle differenze dei tempi e dei destini ognuno può riconoscersi in questi versi sinceri, in cui si “racconta” un'evoluzione, una crescita. I versi mimano un romanzo di formazione in cui la discriminante sono gli affetti, le illusioni, le delusioni, i momenti di condivisione, i ricordi e i sogni. Un modo per parlare di sé senza pretendere di imporre verità e lezioni ma semplicemente indicando che il potere dell'amore condiziona tutto. Da lui siamo condizionati. Ma possiamo anche condizionarlo, o perlomeno riconoscerci nel suo dominio, tracciare ciò che realmente siamo, la nostra identità reale. Come ha fatto in questi versi, Adua Biagioli Spadi proponendo questo suo ritratto individuale in cui ognuno può riconoscere parte di se stesso e della propria vicenda individuale.
                                                                                                      Valeria Serofilli

Caffè Storico Letterario dell’Ussero di Pisa, 25.11.2016


 
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