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Venerdì 11 Marzo 2011 - Caffè dell'Ussero, ore 18:00 - Valeria Serofilli presenta il volume Il gioiello di Poppi (Edizioni Helicon, Arezzo 2010) di Cristiana Vettori

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Nota di lettura al volume di racconti Il gioiello di Poppi (Edizioni Helicon, Fano 2010) di Cristiana Vettori.

Oltre ad essere citato in modo esplicito nel titolo del volume qui oggi presentato, Il gioiello di Poppi rappresenta anche una definizione adeguata del valore letterario del lavoro di Cristiana Vettori, che ha saputo regalarci un testo che esplora bene sia i luoghi della sua infanzia che i personaggi reali o inventati da lei descritti.
Dalle pagine del volume si affacciano così volti a metà tra biografia e leggenda, presenti nella memoria dell’autrice, radicalmente collegati all’antico borgo di Poppi, uno dei più belli d’Italia. Microcosmo allo stesso tempo con le sue specificità ma assimilabile ad altre piccole realtà locali: realtà circoscritta in cui ognuno di noi potrebbe riconoscersi e confrontare la propria esperienza di luoghi simili in cui ha realmente vissuto.
Secondo il mio punto di vista personale il paese di Poppi mi evoca, per assonanza ed analogie storico paesaggistiche, un borgo al confine tra Marche e Romagna, nello specifico Macerata Feltria, anch’esso ricco di storia, di castelli e di ricordi personali legati alla mia infanzia, in quanto casa paterna dove mio padre ha vissuto fino all’adolescenza.
Tornando al volume che stiamo analizzando, possiamo notare che è suddiviso in due sezioni, ben distinte anche dal punto di vista cronologico: la prima dal titolo “Estate 1928” e la seconda “Vacanze di Natale 2008”, di cui la collana smarrita e ritrovata costituisce il sottile fil rouge di collegamento.
A tutto ciò si aggiungono altre vicende e intrecci familiari che è bene lasciare scoprire agli interessati mano a mano che procedono nella lettura del testo, che propone un interessante intreccio di fantasia, realtà ed immaginazione. Di particolare rilievo è la capacità dell’autrice di rappresentare, rendere e trasmettere il “colore locale” del borgo descritto, senza però scadere nel luogo comune ma basandosi piuttosto su testimonianze e su un corredo iconografico particolarmente interessante, riportato attraverso una serie di fotografie dell’epoca, in cui si percepisce la distanza tra gli atteggiamenti e l’abbigliamento, ma anche le affinità con quelli che sono tutto sommato le nostre radici.
Si può parlare di carattere visivo del testo, confermato oltre che dalle fotografie a cui si è fatto riferimento, anche dai richiami frequenti e significativi ad opere pittoriche che in qualche modo rispecchiano sia lo spirito della narrazione che i luoghi e i tempi accuratamente descritti.
Del resto basti pensare al principio oraziano dell’”ut pictura poesis”, o per dirla con il poeta greco Simonide, che “la pittura è poesia silenziosa mentre la poesia è pittura che parla”, sempre intendendo la poesia in senso ampio, come arte della parola.
Ecco che la scena descritta a pag. 37, che verte sull’incontro di Olga con la figlia e la cameriera Rosa accorsa per dare il benvenuto con la piccola Marisa, sembra richiamare “La visita” del macchiaiolo Silvestro Lega, opera che si colloca fra le maggiori prove dell’intimismo lirico e domestico in cui l’artista riesce a dare la rappresentazione di un semplice ambiente quotidiano. Nella tela infatti vediamo due giovani donne in primo piano che si scambiano un bacio di benvenuto, mentre una terza è pronta all’abbraccio e un’altra in lontananza sembra avanzare verso il terzetto. Sullo sfondo compare una villa di campagna circondata da alberi.
Questa serenità di fondo, che traspare sia dalle pagine del libro che dal riferimento pittorico a cui si è fatto cenno, è presente in vari artisti tra cui il Beato Angelico che non a caso è chiamato così per la beatitudine suscitata dalle sue opere, come ad esempio “La visitazione della Vergine a Santa Elisabetta”.
Sia in questi lavori pittorici che nel libro di Cristiana Vettori vi sono due donne e un paesaggio in lontananza, con case e un giardino pensile. Sia l’opera di Lega che il volume della Vettori, che presentano tra l’altro assonanze anche dal punto di vista storico–iconografico, sono accomunate da grande serenità e da un notevole equilibrio fra le parti, anche se in Lega e nel testo letterario specificatamente analizzato è scomparsa la sacralità ma resta la poesia degli affetti e dei gesti come sospesi in un’atmosfera quasi atemporale.
E’ possibile intessere molti altri parallelismi tra le pagine del libro e i lavori pittorici che evocano temi e simboli tra loro assimilabili quasi ad esempio i gatti Tommy e Micia del tredicesimo capitolo, dai notevoli valori simbolici, che sembrano richiamare la tela “Rendez-vous des Chats” di Manet o la “Bambina col gatto” di Renoir, mentre le sorelle che giocano nella cameretta ricordano certe tele dell’impressionista Boldini quali appunto “Le sorelle Laskaraky”, per non parlare del quadro del Vermeer dall’emblematico titolo “Donna con collana di perle”.
E proprio di una tela raffigurante una giovane donna con collana si narra nelle pagine 71-72 del volume.
Concludendo un romanzo interessante di piacevole lettura che abbina l’inventiva ad un’attenta ricerca storica e ad un bagaglio di memorie che fanno parte sia di un luogo specifico che del patrimonio comune d’intere generazioni.
Un testo che unisce passato e presente, ricordo, speranze e realtà immaginate e vissute.

Valeria Serofilli

Pisa, Caffè dell’Ussero 11 Marzo 2011




 
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