Lunedì 21 Marzo 2011 - Fondazione Il Fiore di Firenze, ore 18:00, Firenze, via di San Vito 7 - In occasione della Giornata Mondiale della Poesia - "Pisa ricorda Alberto Caramella" - Intervengono: Valeria Serofilli, "Alberto Caramella e Premio Astrolabio: un incontro letterario e umano", Rosanna Prato, Carlo Delli, "Dialogo tra poesia e foto". - Home Page di Valeria Serofilli

Cerca
Vai ai contenuti

Menu principale:

Lunedì 21 Marzo 2011 - Fondazione Il Fiore di Firenze, ore 18:00, Firenze, via di San Vito 7 - In occasione della Giornata Mondiale della Poesia - "Pisa ricorda Alberto Caramella" - Intervengono: Valeria Serofilli, "Alberto Caramella e Premio Astrolabio: un incontro letterario e umano", Rosanna Prato, Carlo Delli, "Dialogo tra poesia e foto".

Iniziative Culturali
FONDAZIONE IL FIORE IN OCCASIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA POESIA 21 MARZO 2011  INTRA DU’ARNI PISA RICORDA ALBERTO CARAMELLA
ALBERTO CARAMELLA E PREMIO ASTROLABIO: UN INCONTRO LETTERARIO ED UMANO  

Ricorderò sempre la prima volta che ho visto Alberto Caramella: quando mi recai in Fondazione in occasione del vernissage dell’artista Francesco Guadagnuolo. L’ora era quella “che volge al desio”, la cornice splendida della Casa della Luce, sede della <<Fondazione il Fiore>>, giardino che dà sulle colline di Bellosguardo, allo stesso tempo isolato e inserito nel contesto delle bellezze artistiche della città, l’uomo un poeta vestito di bianco con un elegante bastone dal candido pomello, circondato dalla stima e dall’affetto di un nutrito gruppo di persone intorno a lui e dall’ammirazione di queste, ammirazione che lui però non sembrava recepire, come se fosse del tutto normale aver offerto alla città questo luogo privilegiato in cui potevano esprimersi liberamente alcuni dei migliori esponenti dell’arte europea.  
E’ stato un vero piacere per me vedere che lo scrutinio dei voti assegnati dai componenti della Giuria del Premio Astrolabio dell’edizione 2004/05 risultava favorevole al suo volume Mille scuse per esistere edito da Le Lettere di Firenze nel 1994, che conseguì il primo premio per la sezione “Volume edito di Poesia” dell’Astrolabio di quell’anno. La cosa mi fece doppiamente piacere in quanto si trattava di un libro articolato, ricco di sezioni e sottosezioni, disanime critiche e testuali ma soprattutto un libro ricco di poesia, la cui peculiarità di maggior rilievo consisteva nella lucidità della visione, l’autobiografia in versi genuina e coinvolgente che l’autore proponeva, il cui paradosso già espresso adeguatamente nel titolo sta proprio in quel chiedere scusa per avere vissuto, per la propria individuale esperienza di uomo e poeta. Un’opera, Mille scuse per esistere, che mi piace qui oggi ricordare in quanto ha sia valore come volume in sé e per sé, per la lirica asciutta e sapida che propone, sia come testo riassuntivo di un’intera esperienza poetica, un’esistenza in cui la poesia ha avuto un ruolo attivo, di presenza e testimonianza; compagna di viaggio e, allo stesso tempo, meta, destinazione reale e ideale, che l’autore ha saputo inseguire tramite la pratica quotidiana del verso, tramite la ricerca costante dello spazio dell’armonia.  

Mille scuse per esistere
Infanzia. E poi?  
Tutta la vita
seguendo i sogni miei
ricalco i sogni tuoi.
Puerizia. E poi?
I lunghi pomeriggi sotto i tigli
i giochi sciatti tra macchie di sole.
E poi?
Guardo la mano che scrive per gioco
Il cuore pulsa, e ripulsa, nel vuoto.
L’io
che sa di non essere
s’inventa mille scuse per esistere.
[Alberto Caramella,  da Mille scuse per esistere, Casa Editrice Le Lettere, Firenze, 1995]  

Perché chiedere scusa, chiedeva a sua volta Mario Luzi nella lettera all’autore. “A meno che non intenda riferirsi alla purezza dell’essere che con il nostro fugace passaggio noi inescusabilmente maculiamo (…). E il fatto più specifico di tenere la penna in mano nel tentativo di dare senso e durevolezza a ciò che ci capita di esperire e di pensare quanti di noi accomuna. E non tutti hanno (…) la bravura lessicale che lei dimostra.”
(M.Luzi Lettera all’autore da A.Caramella, Mille scuse per esistere, op.cit.).

In seguito a questa  affermazione di Alberto Caramella al premio letterario da me organizzato, si è ulteriormente rafforzato il legame di stima reciproca e ho avuto modo di conoscerlo  meglio dal punto di vista umano e letterario, tanto che l’edizione dell’Astrolabio di due anni dopo, 2006/07, in quanto si tratta di un premio biennale, lo annoverava tra i componenti della Giuria. Ricordo ancora con quanta delicatezza e bonomía, spirito di collaborazione e genuinità, presentò le sue valutazioni. Nonostante sia poi venuto a mancare a ridosso della Cerimonia di Premiazione dell’Astrolabio, quel giorno alla Sala Consiliare delle Baleari di Palazzo Gambacorti nel palazzo comunale di Pisa, era come se fosse presente, e non solo con le sue valutazioni, tanto da trasformare quell’edizione in un omaggio alla sua memoria e alla sua attività poetica e di promozione culturale. Del resto tra noi poeti c’è un sottile fil rouge, un codice nitrito di concetti e di messaggi come ho scritto nella poesia Tra noi poeti. E a conferma della sintonia che ha sempre contraddistinto i nostri percorsi letterari ed umani, desidero ora proporvi alcuni suoi testi, ai quali mi permetto di affiancarne alcuni dei miei assimilabili per ispirazione.  

Tratta sempre da Mille scuse per esistere leggo:  

Il girotondo festoso illuminato  

Il girotondo festoso illuminato
che la giostra compie su se stessa
riporta sul cavallo al punto dato.  
Sempre a quel punto dove sei salito,
e squilla un campanello alla sua corsa
immaginaria quasi ad avvertire
che l’ora è tardi e il giro vuol finire.  
Cerca il fanciullo con l’occhio la Mamma
si sforza d’implorare un nuovo giro.
Il prossimo soltanto. Prima di finire.  
[Alberto Caramella,  da Mille scuse per esistere, Casa Editrice Le Lettere, Firenze, 1995]  

La giostra  
Felicità bambino / incontro alla sua giostra,
braccia tese / ad agguantar l’essenza
per stringere il volante di quell’auto
o il crine appeso / del piccolo cavallo
più in alto a destra  
Felicità / di capelli in festa
ricci, slegati, liberi
alla corsa  
I capricci a terra  

Note in baldanza
vortici, risate,
corre la giostra / di cavalli in cerchio  
Bilica un bimbo  /ma non cade,
scende
Poi risale / e sceglie
dove montare per spiccare
il volo  
Non noi / che se si smonta
fine è del Bel giro
e cuore a terra  
Non concesso
il ritorno in Pista!  
[Valeria Serofilli, da Nel senso del verso – Nuovo volume, Leonida Edizioni, Reggio Calabria, 2009]    

Piazza dei Miracoli  
Sul verde prato
alla luce, tarda cascata dalle mura,
del tramonto incendiato  
danza il fanciullo
un saluto infocato,
un barbaglio di luce dai capelli,
agitati da lontano;  
e m’allontano
con la memoria di un miracolo negli occhi.  
[Alberto Caramella, da Mille scuse per esistere, Casa Editrice Le Lettere, Firenze, 1995]   

Piazza Duomo  
Il cerchio dei Miracoli
è invaso appieno
da turisti e da ali di piccione
che si gettano a pesce sul boccone
da mano di bambini via gettato  
Fontane di putti su tritone
a sputar acqua
per seti di gente
dal caldo assolate  
Isole umane ferme sotto ai merli
delle mura,
in mezzo al verde del prato
“non da calpestare”  
Bancarelle fanno da corolla
al calice di cui torre è pistillo  
Non è domenica ma lo stesso è festa
anche senza campana a suonar messa
ché di miracolo / teatro è questa piazza!  
[Valeria Serofilli, da Nel senso del verso, ETS Edizioni, Pisa, 2006]  

Per rendere omaggio ad Alberto Caramella propongo ora un mio testo dal titolo  Preghiera del Poeta. Si tratta di un testo a me caro, giocato tra ironia e intensa partecipazione, che conclude la 1° sezione della mia recente pubblicazione Amalgama e il cui intento è quello di manifestare il mio personale concetto di poesia: una parola poetica in grado, per la sua universalità, di eternizzare andando al di là del contingente e del particolare come sottolineato dal grande Aristotele.  

Preghiera del Poeta (omaggio ad Alberto Caramella)  

(…) Quando uscirà / il mio nuovo libro
avrà pagine di vento, i colori del tramonto
inchiostro d’alba / la pelle dei bambini
di tutto il mondo
Il mio nuovo libro / quando uscirà
sarò uscita anch’io, e fuor di scena detterò
parole intrise della saggezza
di chi non più la cerca
Sarà allora che il mio Editore
venderà copie a milioni / e le ristampe
e presentazioni ovunque / ed interviste
Quando uscirà / il mio nuovo libro
sarò famosa d’erba e nuvole
e da un angolo di cielo, assaporerò finalmente
ciò a lungo negatomi
E se mi commuoverò
il mio sorriso / rifranto all’infinito
avrà tutte le sfaccettature
della luce, rugiada mattutina le mie lacrime
Il mio pubblico immenso:
ogni poeta / ogni ricerca di senso
Sarà storia il trascorso,
il vissuto un esempio
consiglio ogni sbaglio
Senza rilegature le pagine,
si spargeranno a mille
seme di giudizio / maturato a pelle,
perle di esperienza  
Rilassata / altrove,
ne gusterò il sapore,
raccogliendo il frutto
del mio trascorso ardore
Ora che più non preme
anche se oltre, il senso,
non verrà disperso / eredità sofferta
ma mai rimorso, il tentativo di suggerimento
Non più resoconto
né agli altri,
né a me stessa  
Unico giudice: l’Eterno.  
[Valeria Serofilli, da AMALGAMA in Valeria Serofilli – La parola e la cura, Collana I quaderni di Poiein, Puntoacapo Editrice, Novi Ligure, 2010]

Desidero ora proporvi un suo testo su Leopardi (autore che ho omaggiato a mia volta in una mia lirica).  

Chi rilegge Leopardi nella sera?  
La sua era il suo senso smisurato.
Chi s’intrica in un bosco di poesia?
L’anima pensosa si spaura
che penetra lo sguardo e tutto ottura
la ragnatela sottile che cattura
dove ogni moto porge così pura
il ventre molle e spegne oscure mura
voglio tornare libero volare
fuggire da quel gorgo trasparente
che d’un poeta ogni poeta mente
urge la voce. Osare. L’onda mesce
nel fragore del libro che rinserra.
Che ricresce.  
[Alberto Caramella, dal sito http://poesiaoggi.splinder.com/post/8852831]   

Chi rilegge Leopardi nella sera? Si chiedeva Alberto. Qualcuno sicuramente c’è e tra questi la sottoscritta. Leopardi è infatti un autore che ho omaggiato a mia volta e a ulteriore conferma della sintonia che ha sempre contraddistinto i nostri percorsi letterari e umani, di Alberto Caramella e della sottoscritta, colgo l’occasione per proporvi il mio testo dal titolo Notte lunare (omaggio all’idillio leopardiano Alla luna, che Leopardi compose a Recanati nel 1819 e pubblicato in seguito con il titolo Le ricordanze nell’edizione bolognese dei Versi del 1826 e con il titolo definitivo Alla luna nell’edizione fiorentina del 1831).

Notte lunare
Omaggio all’idillio leopardiano “Alla luna”  

Leggiadra pendi
a rischiarar la selva*
che graziosa non è
né ha grazia  
Torna il pensiero a te
fulgida, al tuo bagliore
che sfocato parea alle mie lacrime
come opaco era il viver mio
                                     il mio travaglio
                                     travagliato canto  
Troppo in là sei, per essere mortale  
Ma sebbene duri l’affanno
il ricordar m’è vita!  

* Qui non nel senso di bosco ma  metafora della vita stessa.  
[Valeria Serofilli, da Nel senso del verso – Nuovo volume, Leonida Edizioni, Reggio Calabria, 2009]                  

A conclusione di questo mio breve omaggio ad Alberto Caramella, credo sia particolarmente suggestivo ed emozionante  farvi ascoltare la prefazione da lui curata al mio audiolibro Nel senso del verso attraverso la sua stessa  voce, profondamente armonica, consona e amica.   

Nota critica di Alberto Caramella all’audiolibro Nel senso del verso (ETS Edizioni, Pisa, 2006) di Valeria Serofilli.

Il primo incontro ha sempre un sapore particolare ed una particolare tensione. Mi piacerebbe perciò interloquire su due poesie: “Eclisse” che l’autrice stessa interpreta come fusione amorosa ed accostamento filmico di sole che si fa luna e di più spiega che lei scrive sempre “da un giorno d’eclisse” costantemente immersa, cioè nell’atmosfera del magico momento nel quale “sole a mezzogiorno sposò luna / per fondersi in eclisse”; ed inoltre “Mare” con la quale l’autrice intende costituire un’allegoria dell’ispirazione poetica. Queste due poesie fin da quando ebbi occasione di leggerle in Acini d’Anima, raccolta prima dell’autrice si sono fuse nel mio animo come non più dimenticata iniziazione e rivelazione di un momento panico di conoscenza e di ispirazione mediterranea e classica.       Per esprimere la forza con la quale l’amore si presenta a Saffo, così si scrive nella traduzione di Salvatore Quasimodo:       “A me pare uguale agli dei / chi a te vicino così dolce / suono ascolta mentre tu parli // e ridi amorosamente. Subito a me / il cuore si agita nel petto / solo che appena ti veda e la voce // si perde sulla lingua inerte. / Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle, / e un buio negli occhi e il rombo / del sangue alle orecchie. // E tutta in sudore tremante / come erba patita scoloro: / e morte non pare lontana / a me rapita di mente.” Ho sempre avuto impressione che questa pur magnifica traduzione sacrifica irrecuperabilmente la prima parola del testo greco che dice semplicemente “fainetai”. Appare. E’ l’irruzione della luce divina. Immediata e semplicissima. Tutto è luce e Saffo stessa si sente divina, perché rapita dal dio. Un primo incontro ha sempre qualcosa di magico e di indimenticabile. Dunque queste due poesie della nostra autrice mi sembrano quasi un tutt’uno che non ho più potuto dimenticare anche se la Serofilli ci ha poi donate tante altre immagini poetiche.    
    “Eclisse” stabilisce un rapporto luce ombra perché “Solo fu il momento che li strinse / “l’una” (luna) “all’altro:” / quando sole a mezzogiorno sposò luna per fondersi in eclisse”. Versi nei quali le raffinate concordanze dei suoni raccolgono felicemente la fusione nella quale il sole si veste e si rispoglia di colore.    “Mare” è il contro canto che nella concezione del mondo classico lega l’aria la terra il fuoco e l’acqua.      L’acqua si presenta nel testo come tavola nella canicola estiva “ma a spirare di brezza / ti spumeggi / e cresta ti si increspa. / E se il vento incalza… inizi la tua danza… poi affranto distendi le tue spoglie lungo il ciglio e se mano ti sfiora timido ritrai l’onda come fa la pudica mimosa, così come l’ispirazione che a cuor bisbiglia e l’animo da quieto / turbina e poi sfavilla per cadere sfinito / ed infine morire in un lungo / interminabile sbadiglio”.      Lo sbadiglio congeda la fine del momento magico quasi sentendone la noia e l’incompletezza.      L’esalazione liberatoria interminabile prepara l’ispirazione fisica e poetica che inevitabilmente tornerà. Com’è del mare.      Nella sua ultima prova Nel senso del verso la nostra autrice riprende il suo canto in quattro scansioni:      “Liquida anch’io / rapita mi volgo” (dalla sezione “Oltre”).      E nella sezione “Ebbra” si legge “Se tutto è inganno / inganno sia / perché è questo / il più dolce annegamento!”.      E ancora da “Ebbra” il testo “Sapide parole” lampeggia di dionisiaca felicità e di dissacrante ironia: Sapide parole / fra la nebbia // sole: disfatto letto a misura // del non detto!”.      Di quest’ultimo impegno poetico che per adesso arresta ma non conclude la vena dell’autrice mi da commozione l’esergo che richiama (Odissea 22, 347) le parole del poeta Femio.      Era il momento della verità. Ulisse stava per ucciderlo e quando si riguarda dal momento finale si spoglia il tempo di ogni vacuità. Per il poeta conta la nativa libertà e la nativa originalità, perché nessuno può dare ad altri la poesia o il modo di farla. Non può essere insegnata ma soltanto trovata.    La seconda parte della risposta di Femio è però una dichiarazione di umiltà, “un dio tutti i canti mi ispirò nel cuore”.      Una più attenta traduzione di questo testo di Omero potrebbe essere la seguente: “nessuno mi ha insegnato come far poesia ma per volontà di un dio tale è la mia natura e l’essere mio che in sé racchiude e sa i più diversi canti”.         Alla commozione di una comune convinzione si aggiunge la constatazione che proprio così si connota tutto il fare poetico della nostra Valeria Serofilli.  

Alberto Caramella
Presidente della Fondazione Il Fiore di Firenze                                                                


Eclisse  
Ti vesti e ti rispogli di colore
Sole / che regala i raggi e
in un istante si fa luna anche
per essere al contempo giorno/ notte  
Fiaba in cui / tramutati
di giorno, lei in rapace
e di notte / in lupo lui  
uno solo fu il momento che li strinse
all’altro l’una:
quando sole a mezzogiorno sposò luna
per fondersi in eclisse.  
[Valeria Serofilli, da Acini d’Anima, Pisangrafica, Pisa 2000]      

Mare  
Tavola sei/nella Canicola estiva
quando l’acqua languisce
e con stanca spuma d’onda
la tua costa lambisce  
Pigramente
t’insapora di salsedine
le sponde  
Ma a spirare di brezza
ti spumeggi
e cresta ti s’increspa.  
E se vento incalza
t’incapricci
e inizi la tua danza,
sino a farti tant’alto da sfiorare l’ala
di chi / migrando, sul tuo corpo trasvola  
Poi affranto
distendi le tue spoglie lungo il ciglio
e se mano ti sfiora
timido ritrai l’onda
come fa / pudica, la mimosa  
Acme e baratro:
così l’ispirazione che a cuor bisbiglia
e l’animo da quieto,
turbina e poi sfavilla / per cadere sfinito
e infine morire
in un lungo
interminabile
sbadiglio.  
[Valeria Serofilli, da Acini d’Anima, Pisangrafica, Pisa 2000]        
Valeria Serofilli      
Firenze, 21 Marzo 2011               

Motivazione della giuria per l’assegnazione del Premio Astrolabio   sezione Libro edito - al volume Mille scuse per esistere,  Casa Editrice Le Lettere, Firenze,  di Alberto Caramella.

Un libro, quello con cui Alberto Caramella si è aggiudicato il primo posto nella sezione editi del Premio Astrolabio, complesso, articolato, ricco di sezioni e sottosezioni, testimonianze, analisi, disanime critiche e testuali che compongono un organismo di ampio respiro. E’ tuttavia soprattutto, ed è questo che maggiormente conta e rimane, un libro ricco di poesia. Poesia scevra da qualsivoglia forma di autocompiacimento estetico fine a se stesso. Scabra, essenziale, con un tessuto di assonanze, consonanze e rime interne, che appare spontaneo, ordito dall’istinto e dalla passione più che da deliberati calcoli e disegni. Una lirica sospesa sul filo sottile che separa il pathos, l’emozione più vivida e intensa, da un’altrettanto pungente autoironia.  Appare questa forse la peculiarità di maggior rilievo dell’opera: la lucidità della visione, il racconto del sé, l’autobiografia in versi, genuina e coinvolgente, che l’autore propone. Il paradosso, già espresso adeguatamente nel titolo, fertile di risvolti e suggestioni, sta proprio in quel chiedere scusa per avere vissuto, per la propria individuale esperienza di uomo e poeta. La vita dell’autore è stata generosa di gratificazioni, eppure, nonostante ciò, non è presente in quest’opera né la mitizzazione del proprio passato né tanto meno una esaltazione del tempo andato, una laudatio temporis acti, il canto nostalgico di qualche Arcadia perduta. C’è, al contrario, il bisogno di sincerità, la volontà di guardare dritto negli occhi il proprio tempo. Per trovare il coraggio di tirare le fila, scrutare ancora una volta le foto, i documenti, i ricordi, con struggente immediatezza, nel dialogo agrodolce con il proprio io.  Un’opera, “Mille scuse per esistere”, che ha sia valore come volume in sé e per sé, per la lirica asciutta e sapida che propone, sia come testo riassuntivo di un’intera esperienza poetica, un’esistenza in cui la poesia ha avuto ed ha un ruolo attivo, di presenza e testimonianza; compagna di viaggio e, allo stesso tempo, meta, destinazione reale e ideale, da inseguire tramite la pratica quotidiana del verso, tramite la ricerca costante dello spazio dell’armonia.           

Pisa, Sala Baleari 26 Febbraio 2005


 
Copyright 2015. All rights reserved.
Torna ai contenuti | Torna al menu