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Floriano Romboli: Chiedo i cerchi di Valeria Serofilli

Le Opere > Chiedo i cerchi (Poesia)
Una ricerca poetica raffinata e tenace

Si potrebbe esordire con una fitta serie di notizie informative sull'opera di Valeria Serofilli, poetessa giovane e valorosa, tenace nella ricerca artistico-letteraria, con il rischio di appesantire oltremodo il discorso critico.
Occorre tuttavia dare alcune indicazioni, anche allo scopo di giustificare la definizione proposta appena sopra, innanzitutto relativamente alla tenacia di cui sono prova le varie raccolte di versi che l'autrice ha al suo attivo.
Prescindendo da I Gigli di Nola (1993), lavoro di natura prevalentemente saggistica, ritengo che si debbano ricordare almeno Acini d'anima (Pisangrafica, Pisa, 2000), Tela di Eràto (Sovera Multimedia, Roma, 2002), un volume che testimonia la robusta preparazione classica della scrittrice, d'altronde confermata da Fedro rivisitato (Bastogi Editrice, Foggia, 2004), prefato da uno studioso autorevole come Dino Carlesi.
Certo è che la tenacia non è da intendersi soltanto nella prospettiva di una considerazione quantitativa, ma deve altresì valutarsi come un dato di qualità, configurandosi anche quale progetto di sistematica ripresa, di rielaborazione meditata del proprio patrimonio testuale alla luce di un disegno di progressivo incremento significativo, entro una strategia di strutturazione perfezionante.
E' il caso di Nel senso del verso, un interessante, laborioso work in progress: il suo stato di composizione più avanzato è tuttora inedito, pur se la Serofilli ha inteso affidarne la parte "preparatoria" - una sorta di scrittura intermedia - all'omonimo libro con audiolibro pubblicato a Pisa da ETS nel 2006; in esso si realizza un processo di continua elaborazione/selezione concepita nella fedeltà convinta e ammirata alla lezione poetica di Mario Luzi, e si precisano i tratti di un impegno compositivo che appare sintesi raffinata di non superficiale cultura e di appassionata esperienza di vita.
Non è possibile in questa sede un intervento organico che ambisca a ricostruire il percorso intellettuale-letterario dell'autrice nella sua globalità; mi limito a sottolineare il fatto che le liriche di cui consta la raccolta Chiedo i cerchi erano già presenti nella silloge per ora inedita, nuovamente intitolata Nel senso del verso-Nuova raccolta e vincitrice la scorsa estate dell'edizione 2008 del Premio letterario internazionale Gaetano Cingari; ma è ormai necessario concentrarci sul libro stampato proprio nei primi giorni di questo ottobre 2008 dalla Puntoacapo Editrice di Novi Ligure, insistendo su talune fondamentali disposizioni culturali della poetessa, su certi nuclei primari della sua concezione etico-artistica.
Ad esempio è proprio di Valeria Serofilli interrogarsi sul senso e sul valore attuali della poesia e pure in quest'ultimo volume ricorrono riflessioni sulle finalità e sugli statuti ideali dell'arte, si leggono cioè dichiarazioni di poetica. Tale preoccupazione critico-estetica, si osservava, non è infrequente nei testi della scrittrice, giacché nella Tela di Eràto una lirica s'intitola esplicitamente La poesia e in essa la puntualizzazione d'ordine generale tende a risolversi in una vibrante nota auto-definitoria:

Colpi inferti dalla vita
puoi smussare con la tua rima,
per fare girare, con la parola,
la ruota come vuoi che vada;
è il barlume che ti vela
la realtà, poi la disvela
e come luccichio di cera,
luce leva e poirivela.
(La poesia)



In questi versi è altresì degno d'attenzione il vivace, mai banale contrappunto linguistico-espressivo e fonico-ritmico giocato sul richiamo dei significanti, con effetti di musicalità su cui credo valga la pena in seguito tornare; preme ora piuttosto segnalare il duplice scopo riconosciuto all'attività poetica da un'autrice forse memore di un celebre luogo dell'Ars poëtica oraziana ("Aut prodesse volunt aut delectare poetae", v. 333): unitamente alla sottolineatura di una funzione confortatrice, spiritualmente consolatoria, è posto in risalto l'aspetto conoscitivo (il "disvelamento rivelatore") di essa.
Non si tratta di spunti teorici attinenti alla sfera astratta delle intenzioni, ma di motivi specificamente caratterizzanti la concreta elaborazione testuale, il primo - come mi è capitato di affermare in una precedente occasione - secondariamente, incidentalmente, il secondo in maniera costante e decisiva, e nel contesto di Chiedo i cerchi la tensione conoscitiva risulta senz'altro dominante e centrale:

"Lucertola in segmento, la poetica
mulinello di idee / forza centripeta
che genera catarsi, sacrificio funzionale
alla rinascita"
(Segmento di lucertola)'



E' questo un brano davvero significativo di un componimento manifestamente ispirato al magistero poetico luziano, ove l' enjambement ("la poetica / mulinello di idee") evidenzia l'assunto problematico di un libro di cui la poesia eponima, non casualmente collocata all'inizio, stabilisce le coordinate ideali:



"A te parola non chiedo sillabe
che squadrino ogni lato
latente afflato
che germini una voce
perché la prassi impone
buio / luce
e gemme che non recidano radici

A te parola chiedo i cerchi
del sasso nello stagno
che genera onde di pensiero

E se casomai spronato
ad un concetto ti trovi a dare fiato…"
(Chiedo i cerchi)



Palese risulta l'allusione a versi meritamente famosi degli Ossi di seppia montaliani, a quel notissimo Non chiederci la parola, di cui nondimeno la Serofilli rovescia il segno radicalmente negativo nel senso dell'assunzione di un impegno positivo d'indagine razionalmente esplorativa:

"Se casomai servisse a qualche cosa / delucidarne il lucido sentiero / ti / spiegherei che quel che avverto è vero / e non son versi buttati alla rinfusa…" (Se casomai spronato).

Mette inoltre conto rilevare che il verso "A te parola chiedo i cerchi" del testo iniziale è anche l'ultimo di quello finale intitolato Di riflesso, a testimonianza di una rigorosa sapienza compositiva che assicura all'opera solidità di costruzione.
Il sintagma ritorna con valenza polemica alla fine di Pseudo salotti e scuole di scrittura, una lirica posta a conclusione della sezione quarta, Acqua d'Arno:
"Non chiede / la Poesia / pseudo salotti e Scuole / di scrittura / che poco hanno a che fare / con la letteratura / Tema imposto / prefazioni posposte / per contratti sottobanco in questi / pseudo salotti saltimbanco. / A te parola chiedo i cerchi...";
mentre il discorso metapoetico prosegue in altre poesie:
"Un'eredità / tra noi poeti / quel codice nutrito di messaggi / concetti / minuti od eloquenti, sempre gli stessi / Tra noi poeti basta quell'occhiata / e la realtà diventa un'altra cosa / riscritta amata / sedotta ricreata" (Tra noi poeti);
"Poeta è colui che non aspetta / la vita come a una fermata / ma anche colui che sosta e che resta (...) da solo a creare e a ricreare (...) Poeta è colui che sa di viaggio / di cielo monte prato ed ha / il coraggio / di trovare tutte le risposte / in valige di concetti malriposti" (Creativo).
Certo è che se l'arte appare animata da una preponderante volontà di concettualizzazione, può seriamente rischiare l'aridità dell'intellettualismo, cioè lo schematismo soffocante insito in un'operazione di distaccato filtraggio dell'esperienza umana e dei suoi momenti anche emotivamente salienti.
Nelle pagine della Serofilli questo esito non si verifica mai; l'intento di conoscenza poetica è in funzione di un'intensa partecipazione alla dinamica naturale nelle forme di un vitalismo coinvolgente e tonificante. Ricordo al proposito passi di Nel senso del verso, ove riesce centrale, et pour cause, la figura della similitudine:
"Impensabile / non pensarti: / nell'impensabile pensarti. / Sei nelle foglie, nella linfa / degli arti. / Il tuo volto troneggia impera / si fonde / nelle alte teste / dei faggi si confonde" (Impensabile);
"Nata appena / come d'uva il mosto / appena sorta / come alba da tramonto / schiusa / pistillo da corolla / Liquida / come acqua di sorgente / Tempo è di berci / chimerico piacere / tempo è di sorsi, aliti ed essenze" (Ebbra).
Un animus siffatto è riscontrabile anche in Chiedo i cerchi:
"Abbacinanti ulivi sul sentiero / a riflesso dell'inenarrabile percorso/ di foglie luce, senso / gioco argenteo / d'impegno preso in prestito dal pugno. .."(Gli ulivi abbacinavano il sentiero).
Nei testi più recenti si avverte altresì un'inclinazione alla metafora sostenuta da un'esuberante fantasia cromatica, come in quella lirica dall'incipit vagamente provenzaleggiante, "trobadorico":
"Sorrisi d'erba nuova / miscelano entusiasmi...nell'ebano di un volto / il profumo di muschio sul tuo petto" (Perdurare di fantasmi);
oppure in "Lo sguardo oltre / lungo pendii del colle / a ruzzolare tappeti / sparsi di foglie / Tinge l'autunno a macchia / d'erba il verde noia: ocra seppia marrone / come ancestrale voglia" (Oltre) ; d'altro canto i1 respiro vitalistico non ignora la dimensione erotico-sensuale:
"Mi farò ostrica di piacere / amore / d'insazie notti / mio instancabile pescatore: / lenzuola bianche in madreperlaceo ardore" (Ostrica).
Si conferma l'idea che per l'autrice la poesia è essenzialmente ricerca di senso ("Se poi a prescindere / il senso / batte in testa, è festa di / ritorno / di vita e di ricordo", Un altro verso) e la focalizzazione dei significati avviene tramite la meditazione sul tempo.
Penso che sia proprio la considerazione critica della temporalità a orientare e definire la fisionomia strutturale complessiva del libro della Serofilli.
L'ambito temporale è via via cólto e rappresentato, ora sotto l'aspetto della ciclicità, ora sotto quello dell'attimalità.
L'uno viene determinandosi come il momento-motivo della ricorrenza, della ripresentazione, del ritorno, del ricordo:
"Ciclicità è rinascita / ma sfianca / gemme continue germinano stress / e a ripetersi, l'indefinito / già sei fortunato / Ma quale fugace fuga e fuggitiva / si prescrive nel flusso che furtivo ci consuma? " (Via di fuga nel dislessico);
"Oltre il niente / fluidificato fluire / di passato e presente / Rinascere ad oltranza /se stessi e gente : / flusso interminabile / dalla foce al suo risorto /di sorgente " (Flusso);
"Volte e volte ho tentato di ricostruire / il mistero /di questo cielo / e quel passaggio / dal ceruleo al sereno / e al men sereno / Di quando la sera s'incontra con il giorno / e questo le promette un suo prossimo ritorno" (Che begli occhi con questo cielo, amore).
L'altro come il momento-motivo dell'unicità, dell'irripetibilità, dell'incomparabilità :
"L'irripetibile dato della vita / nell'oblìo di risalita / leggo / che ritmiche scandiscono le dita / per non tuffarmi nel risucchio / del già detto" (Gli ulivi abbacinavano il sentiero);
"Eppure qui / ancora un miracolo per noi: 1'esserci / il sorridersi / la poesia" (Ancora un miracolo in Piazza Duomo);
"Così ti amo / in un istante / di tutto che sia eterno / in un attimo di vita / che non attenda" (Sonetti d'etere).
Siamo dinanzi a situazioni psicologiche ed esistenziali a una prima considerazione antagonistiche, intimamente contraddittorie, e di questa contraddizione si nutre la ricerca artistica della Serofilli, che pur si rivela sottesa da una sincera aspirazione alla composizione, alla sintesi armonizzatrice, tentata e ritentata e perciò vivamente sofferta.
Se il tempo scorre inarrestabile ("Oltre il niente / fluidificato fluire / di passato e presente ", Flusso, cit.) investirne la dinamica opaca e impersonale con l'energia trasfigurante della sensibilità individuale-personale, arricchirne il meccanico fluire di intensi apporti soggettivi, equivale a dare profondità e valore non transeunte, addirittura "eterno" a determinate situazioni:
"Ritrovata energia dal profondo /Niente si perde /Tutto si trasforma" (Il maturo frutto della morte).
Un tale equilibrio non è ovviamente dato una volta per tutte; si rivela pertanto precario, ma non certo falso:
"Lascia che il chiasmo apra parole nuove / di lidi scoscesi / rientri veloci / e non ritorno / dal profondo / Un nuovo amore, sempre lo stesso" (Ora che il lago).
Credo opportuno sottolineare la pregnanza ossimorica dell'ultimo verso, magari in vista di un esame non esaustivo, ma neppure episodico del livello formale e ritmico, àmbito in cui, come si è accennato precedentemente, la poetessa consegue risultati senza dubbio pregevoli.
Inviterei così a prestare attenzione alle rime, che sovente conferiscono agilità al contesto strofico ("S'interroga il pesce / nella tonda galera / sull'andirivieni / della sua vita in sfera" (Pesci rossi, corsivo mio); alle rime interne ("Ora che il lago / genera ritorni / restanti palpiti pensieri anfratti / peduncoli alle ore liete e festanti", Ora che il lago); alle riprese iterative ("Nuvola di carne, sotto nuvole / vapore", L'odore della pioggia); a talune studiate sequenze allitteranti ("Ma quale fugace fuga e fuggitiva / si prescrive nel flusso che furtivo ci consuma?", Via di fuga nel dislessico), ove l'allitterazione è complicata dall'impiego dell'annominazione); alle enumerazioni dall'evidente intento musicale ("Sospesa tra ectoplasmi, miasmi / di chiasmi senza resa / o spasmi rassegnazione / in attesa epocale", Di riflesso), che pur talvolta registra cadute nella facile cantabilità di eco pascoliana come alla fine della poesia Oltre:
"Sul lembo più alto del tetto / s'adagia un raggio di sole: / il merlo col giallo del becco / becchetta un mondo migliore".Mi sembra invece sempre felice il ricorso alla disposizione chiastica dell'ordine sintattico perché produttivo di soluzioni espressive di convincente incisività:

"L'Arno ti ascolta / Ascolta l'Arno (L'Arno ascolta);
"Respiro palme e di blu mi tingo / del cielo che nel palmo stringo. /
Lasciami a questo / questo lasciami" (Lasciami a questo).

Valeria Serofilli cita in exergo al suo libro un motto di Puškin: "La parola di un poeta è essenza del suo essere"; e la ricerca linguistico-letteraria dell'autrice, raffinata e tenace nel tempo, nella varietà e ricchezza di accenti, nel coerente svolgimento ideale-morale, attesta un'innegabile consonanza con l'impegnativa sentenza del grande scrittore russo.
Floriano Romboli


 
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