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Umberto Piersanti

Ospiti di Valeria Serofilli
Umberto Piersanti

Per un’introduzione alla poesia di Umberto Piersanti. Qualche nota*

È caratteristica evidente della poesia di Umberto Piersanti e segnatamente della raccolta L’albero delle nebbie (2008) l’esuberanza naturistico-descrittiva, secondo che il lettore può verificare ad apertura di libro:

L’universo naturale-animale è reso con estrema precisione denominativa da un poeta forse memore della lezione di Giovanni Pascoli; il rigore designativo si accompagna spesso nella sua pagina all’idiotismo linguistico:

Ritengo che tale peculiarità linguistico-espressiva sia funzionale nella poetica dell’autore alla centralità del motivo delle origini, delle radici (“Ah, la mia razza/ intrisa d’erbe e di foglie, / radicata alla terra/ come la casa, / resta soltanto un muro/ spersa nel fosso”, Familiare, vv.21-26); ma a una considerazione più diffusamente analitica dei testi il sistematico riferimento al dato naturale, botanico e zoologico si rivela principio strutturale-organizzativo del discorso poetico, decisivo spunto aggregativo e –in forza di una strategia di studiati addensamenti metaforici – un collettore potente dei temi fondamentali, focalizzati attraverso una serie di intense situazioni sentimentale-esistenziali.
Penso più specificamente ai motivi del ricordo (“Ma quel fiore/ azzurro più dell’aria/ non lo scompiglia il vento/ o lo dissolve, / il suo stelo confitto/ lì tra l’erbe/ è memoria incarnata/ nella terra”, I fiordalisi, vv.64-71), della solitudine (“Tu della macchia godi/ e di quel cielo,/ ma gli altri sono altrove,/ tu sei solo”, Tra presepi e campi, vv.86-89), della raccolta intimità, dell’amore, del pericolo (v. la memoria di taluni episodî di guerra: “Fugge il ragazzo biondo/ getta il fucile,/ s’afferra alle ginestre,/ s’afferra ai rovi,/scortica volto e mani,/ butta sangue,/quelli coi turbanti/ gli sono dietro,/ tremola la sua vita/ come la lepre/ stanata dai cani alla piantata”, Lo spavento, vv.33-43), della sofferenza (“Soffrono i favagelli/ sotto la terra,/ premono contro il gelo/ che li rinserra,/ sembra l’inverno eterno ( ) Così l’anima attende primavera/ sepolta sotto il gelo/ dei dolori”, Soffrono i favagelli, vv.1-5 e 15-17), fino alla splendida evocazione simbologica dei versi compresi nella lirica Nell’altipiano:


Si sa che è propria della ricerca poetica l’ampia libertà dinanzi alle strutture linguistiche abituali, incardinate sui valori semantici di base, ovvî, ma anche generici e scontati nella loro valenza denotativa; il linguaggio lirico afferma e qualifica se stesso per le sue potenzialità di differenziazione qualitativa, per il suo proposito di scarto, di significazione super-semantica e connotativa a fronte del comune livello della lingua: la sua è una libertà di armonie ritmico-musicali, di formalizzazione retorico-figurale, di correlazioni nuove e intense di immagini, di originale associazione sintagmatica, come nel caso dell’incisivo, efficace reticolo aggettivale che si apprezza nei versi della poesia intitolata Muschio d’inverno:


La madre dell’autore si chiamava Maria, nome “breve” e comune eppur felicemente caratterizzato nella ricchezza della sua eco culturale ed etico-affettiva.
In un noto passo della Critica del giudizio (1790) Immanuel Kant riconosceva la particolarità elaborativa e comunicativa della poesia nella sua disposizione intrinseca a “eseguire un libero gioco dell’immaginazione come un impegno dell’intelletto”, sottolineando con grande lucidità puntualizzatrice gli aspetti essenziali dell’attività artistico-letteraria, frutto di autonomia ludico-immaginativa, ma altresì di disciplina tecnico-espressiva e di rigore nella costruzione intellettuale.
Al proposito direi che nei testi di Umberto Piersanti la concentrazione lirica appare rivolta alla definizione sofferta di una concezione del mondo:


Il corsivo nel testo è mio e intende rilevare la pregnanza di un sintagma presente anche in altre poesie, arrivando a dare il titolo a un componimento della sezione dedicata al figlio Jacopo.
L’ “amore faticoso” di Piersanti non è “della vita il doloroso amore” del verso conclusivo di Ulisse di Saba; è espressione meno polarizzata e non ossimorica, ma ugualmente profonda e significativa di quanto la forza dei sentimenti e la consapevolezza razionale rendano sovente dura e logorante l’esistenza agli uomini che nondimeno un vivo rapporto d’amore lega ogni giorno alla vita.
Floriano Romboli

*Questo è il testo lievemente adattato della breve comunicazione introduttiva all’opera poetica di Umberto Piersanti fatta nell’Aula Magna Storica dell’Università di Pisa il 16 aprile 2011, in occasione della Cerimonia di premiazione della Quarta edizione del Premio Nazionale di Poesia “Astrolabio” presieduto dalla professoressa Valeria Serofilli. Ho conservato alla scrittura le caratteristiche originarie dell’intervento orale, visti l’attenzione e l’interesse suscitati nel folto pubblico presente.


 
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