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Franco Casadei

Ospiti di Valeria Serofilli
La poesia nelle case”
di Franco Casadei

Si avverte il rischio che la poesia diventi archeologia e linguaggio incompreso, incapace ormai di risvegliare i cuori del poco pubblico che ancora ci segue, tanto che i raduni si sono ridotti troppo spesso a incontri fra carbonari addetti ai lavori.  
Cosa fare? Che cosa cambiare nel nostro modo di scrivere e di leggere? O nel modo di proporre letture poetiche alla gente che ci viene ad ascoltare?  
A tal proposito, voglio riportare un’esperienza che sta accadendo a Cesena da alcuni mesi.
Io e altri tre scrittori cesenati (Gianfranco Lauretano, Stefano Maldini, Roberta Bertozzi) abbiamo pensato - durante un reading, il 21 marzo 2013, in occasione della giornata mondiale della poesia - di proporre alla città di Cesena il lancio di un’iniziativa, denominata  
La poesia nelle case.
Abbiamo contattato personalmente famiglie e amici del nostro giro, insegnanti ed educatori, responsabili di associazioni culturali e di volontariato, di consigli di quartiere e di gruppi parrocchiali. E ci siamo resi disponibili, a due a due - per chi avesse voluto liberamente organizzare incontri -, ad andare a leggere poesie nostre e degli autori di riferimento della nostra personale produzione poetica. Ed è successo l’impensabile. Nel giro dei tre mesi della primavera 2013,siamo stati accolti presso case private, sedi di quartieri o di associazioni, aie e cortili e perfino nella cantina del mio vinaio sulle colline romagnole, fra le botti e le damigiane di sangiovese.
Presenti da un minimo di una ventina di persone fino a un centinaio. Quasi sempre con ascoltatori di estrazione socio-culturale diversissima, dal docente di scuola alla casalinga, dal pensionato all’artigiano, dal giovanotto all’ottantenne, che aveva fatto magari solo la scuola elementare.  
Questo ci ha costretti ad inventarci il modo di porci e di proporci. Non certo a diventare venditori nazional-popolari di poesia, ma certamente a tenere conto dell’interlocutore, a scegliere testi adeguati (nostri o delle antiche reminiscenze scolastiche di tanti dei presenti), a fare brevi introduzioni sul linguaggio poetico, stando all’esperienza, senza svolazzi intellettualistici. Insomma, un lavoro di educazione al linguaggio poetico. Si dice sempre, fra noi, che la poesia non va spiegata, che occorre lasciare libero l’ascoltatore di interpretare a modo suo i testi proposti. Io credo che non bisogna essere ideologici e che non sia un vulnus alla poesia se in talune circostanze si dà un piccolo aiuto a chi ha il coraggio di venirci ad ascoltare. Noi che proponiamo poesia, certo, facciamo un regalo agli altri, ma anche chi viene ad ascoltarci fa un regalo a noi. Credo che questo non vada mai dimenticato.  
A conclusione di questa prima fase (già si stanno moltiplicando le richieste per l’estate e per il prossimo autunno!), grande è stata la soddisfazione di vedere la gente partecipe, curiosa, attenta e piena di stupore e di domande. Persone semplici - che spesso neppure sanno cosa sia la poesia – e persone colte, commosse e grate per qualcosa che hanno sentito vibrare dentro. Diceva uno: “Io non so cosa sia la poesia, ma quando la sento, la riconosco”.  
Questa “impresa”, nata veramente dal basso, è stata una vera festa della poesia, liberata dal nascondimento; un’iniziativa che, non mi risulta, si faccia da altreparti. E, anche questa è una novità: la gente ha comprato tanti libri, come mai avevo visto prima.

Capisco che, non essendo io un letterato, ma un medico, quanto decritto possa essere valutato come un racconto in cui prevale il lato emotivo, ma vi dico che se fosse anche così, non m’importa. Ciò che per me conta è che, quando uno ascolta le nostre poesie, se ne vada un po’ cambiato dentro in meglio, “almeno per mezz’ora”, come ha scritto Leopardi. Che insomma la poesia diventi un aiuto ad essere più uomini, ad avere meno trascuratezza dell’io e delle cose che contano davvero nella vita.

Mi farebbe piacere che attorno a questa esperienza nascesse un dibattito costruttivo. Se non usciamo dal guscio e, come dice Papa Francesco, se non ci inoltriamo nelle periferie delle esistenze - cioè là dove vivono gli uomini e le donne –, moriremo tutti fra metafore e assonanze, e non porteremo nessun contributo di novità ai nostri fratelli uomini.

Grazie dell’attenzione
Franco Casadei

 
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