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Venerdì 22 Settembre 2010 - Presentazione del volume Orme Sulle Orme - Tre donne e una donazione di Antonella Gagliano, Matilde Gagliano e Palmira Mancuso

Presentazioni al Relais dell'Ussero a Villa di Corliano

Nella foto da destra: Antonella Gagliano, Valeria Serofilli e Antonio Cambi Foto: Pasquale Palomba
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Le autrici sono siciliane di Messina, città dove vivono e lavorano.

Antonella Gagliano esercita la professione di medico specialista in neuropsichiatria infantile; è ricercatore e docente universitario. Autrice di una vasta produzione scientifica.

Matilde Gagliano insegna inglese nella scuola secondaria. Ha collaborato alla stesura di testi scolastici di lingua inglese per la scuola primaria.

Palmira Mancuso svolge attività di giornalista free lance, dedicandosi soprattutto al recupero della tradizione marinara del proprio territorio ed alla sua valorizzazione.


Nota di lettura di Valeria Serofilli al volume
Orme Sulle Orme (Armando Siciliano Editore, Messina 2010) di Antonella Gagliano, Matilde Gagliano e Palmira Mancuso.

Mi fa particolarmente piacere che questo secondo incontro sia dedicato ad un libro capace di abbinare il discorso letterario alla valenza sociale, in quanto tratta di uno dei gesti più utili e nobili allo stesso tempo, vale a dire la donazione di organo.
Il merito principale delle tre autrici di questo volume, Antonella Gagliano, Matilde Gagliano e Palmira Mancuso, è stato quello di proporre al lettore una forte testimonianza di coraggio e di attaccamento alla vita, senza però scadere nella retorica e nel patetico. Vengono narrate, al contrario, storie dotate di notevole forza e vitalismo, ricche di passioni espresse con tinte forti e nitide <<in cui la natura e l'essere umano sono rappresentati insieme come parti di un tutto, al contempo fisico e spirituale>>, dal passaggio chiave della prefazione riportata in quarta di copertina del libro.
La citazione del brano delle pagg. 99 - 100 mi fornisce lo spunto per parlare della struttura generale del volume, in cui le autrici, ognuna della quali assume un nome fittizio, Elena, Marta e Paola, raccontano con impronta diaristica, fatti realmente vissuti, con semplice descrizione tecnico-realistica ma filtrati attraverso la fantasia e l'impronta romanzesca. Molto adeguata e funzionale è anche la grafica del libro: l'impaginazione, sia dal punto di vista iconografico che della scrittura, veicola l'idea delle tre donne separate e distinte, eppure unite da un unico destino che alla fine della narrazione le farà incontrare intrecciandone le esistenze.
Questo traspare sia dall'immagine che dall'idea di scrivere il nome delle autrici distinto dalle maiuscole ma scritto senza stacchi come se fosse un unico autore.
Il primo resoconto riporta in esergo la citazione di una delle opere più note di Shakespeare, i versi finali del dramma di Amleto, in cui il protagonista sente la morte ormai prossima e trasmette agli altri la propria verità e la propria esistenza, nel caso di Shakespeare attraverso la parola, nel caso delle autrici in modo più concreto e più fisico.
Viene così contraddetto il famoso passo "il resto è silenzio" poiché, se in Shakespeare la storia immortala vicenda trasmessa ai posteri per sempre, nel caso delle tre autrici c'è anche il gesto concreto della trasmissione della vita.
A testimonianza di quanto detto, riporto tre brani esemplificativi, in cui si notano anche i diversi modi di affrontare l'argomento: più esplicito nel caso di Marta, più sfumato in Elena mentre l'ultimo riallaccia le fila dei tempi precedenti dando al testo una struttura univoca, in cui le vicende personali convergono una nell'altra.
Per concludere si tratta di un volume apprezzabile da vari punti di vista, per il linguaggio e per il tono che esulano dagli schemi che ci si attenderebbe visto il tema trattato. Un volume che rappresenta un tentativo di parlare di donazione e trapianto senza suscitare disagio, avvalendosi di una storia variegata che racconti la vita nel suo complesso e che non sia solo la cronaca di un trapianto.
Anche se contiene molti riferimenti personali, in quanto l'autrice ha ricevuto un trapianto di fegato dieci anni fa, non è un'autobiografia ma una storia costruita per coinvolgere il lettore e stimolarlo a porsi domande sulla donazione e, più in generale, sulla condizione dell'uomo di fronte alle imprevedibili traiettorie dell'esistenza.
Questo è quasi un invito idealmente rivolto a persone che si trovano in situazioni analoghe, a reagire con vitalismo e positività, ringraziando l'altro e trovando comunque, nella situazione di estrema difficoltà, il dialogo e anche la condivisione del cammino.
Non a caso il campo semantico prevalente è quello del viaggio, "verso", "per" e "con". Non è un caso neanche che quello conclusivo sia un "viaggio con", indicando che i vari percorsi personali convergono in un punto comune, culminante nell'atto del dare e ricevere, che vengono inevitabilmente a coincidere.

Valeria Serofilli

San Giuliano Terme, 22 Settembre 2010







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