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Antonio Alleva, La tana e il microfono, Edizioni Joker, Novi Ligure 2006.

Saggi e note critiche di Valeria Serofilli

“L’OMPHALOS” DI ALLEVA

Nota critica di Valeria Serofilli al testo La tana e il microfono di Antonio Alleva, Ed. Joker, Novi Ligure), gennaio 2006.
Pubblicato in www.edizionijoker.com

Dall’omphalos urla la voce poetica di Alleva. Una voce veramente in grado di innalzare la scrittura all’apice del silenzio, facendo sparire l’io narrante in un filo d’erba(1), in un axis mundi, in un albero della vita che s’innalza nel centro del mondo(2).

La tana, il centro, qui concepiti non come posizione semplicemente statica, ma come fulcro d’intensità dinamica, il focolaio da cui partono i movimenti dell’interiore verso l’esteriore.
Un centro che nel suo irradiarsi “orizzontale” può essere considerato un microcosmo che contiene in sé tutte le virtualità dell’universo, mentre nel suo irradiarsi “verticale” un luogo di passaggio, la via fra i livelli celeste, terrestre e infernale del mondo, la
soglia da superare.
Come
ókçíñ si pone infatti la lirica “Da qui”, la prima della sezione di apertura, brevissima e semplice solo in apparenza: ókçíñ e insieme sorta di ring – composition che parte dal testo e a cui torna l’intero dettato poetico dell’autore: <<Da qui persiste uno scrosciante senso di circolo… che rimanda solo al qui>> (pag. 21). Compongono la lirica cinque versi di misura variabile, con un forte gioco di allitterazioni della lettera S (scrosciante, senso, solo, solito, suoni) e l’evidente assonanza qui / crick.

Un’espressionismo stilistico che traveste con acutezza la quotidianità, le memorie e i guizzi di vita(3), e che ritorna nelle numerose rime imprevedibili, oggetti simbolici e assonanze improbabili (mani…incantami, pag. 99), in un costrutto sintattico di tipo paratattico. In Alleva la ripetizione di parole crea ritmo: “tutto bianco questo foglio… / bianco, bianco, tutto bianco/”, (pag. 13); “un cuore che pensa, che pensa in silenzio… d’una struttura, d’una struttura sempre più leggera”(pag. 93); “incantami incantami” (pag. 99) e permette il passaggio da una situazione interiore all’esemplificazione oggettiva. Il passaggio dalla TANA al MICROFONO, dal profondo di noi al soffio dell’angelo; il passaggio al tuffo degli Angeli folli nella baia di Acapulco, Icari che volano in senso opposto. Angeli il cui strepito d’ali ( da “L’angelo insonorizzatore”) ricorda il rilkiano colpo d’ala (da “Il poeta”) e se gli angeli di Rilke imperano (da “All’angelo”) e mirano il raccolto (da “Oh da viso a viso”) e bevono il vino delle visioni(4), in Alleva sono vere proiezioni dell’io – narrante (pag. 89) che considerano l’insieme delle azioni umane nei confronti delle quali svolgono una funzione illuminatrice. Gli occhi dell’angelo-parola (poetica), simbolo di chiaroveggenza e lucidità intellettuale, se pur incapaci di cambiare il corso degli eventi, sono i soli in grado di penetrarne il significato senza venirne travolti.
I temi che spaziano dalla danza favola soffio (pag. 89) all’attualità, descritti con occhio da miniaturista fiammingo
(5), mescolano il concreto con l’immaginifico non fine a se stesso ma mosso da un autentico impulso etico.

Angeli, centro, affetti familiari: è così che la poesia di Antonio Alleva, già a me noto per la sua fortunata partecipazione all’Astrolabio 2005, ci regala immagini tutte diversificate ma accomunate da una viva musicalità interna e da una forte coerenza stilistica.



Pisa, 18 aprile 2006

Note:

1. Scrive infatti Mauro Ferrari nella postfazione al testo che La poesia del filo d’erba è un grande manifesto di poetica (pag. 112).
2. Si confronti il pensiero di Mircea Elide.
3. Di espressionismo dello stile parla anche U. Giacomucci nella prefazione a
Le farfalle di Bartleby.
4. R. M. Rilke, Poesie, Edipem, Fi, 1973.
5. Soprattutto per quanto riguarda la “Tana natia”, cfr A. Arslan nella prefazione al testo, pag. 6.



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