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Andrea Salvini: Su Tela di Eràto di Valeria Serofilli

Tela di Eràto

Da Pomezia-Notizie Anno 12 -(Nuova Serie) - n. 8 -Agosto 2004 -
"Su Tela di Erato di Valeria Serofilli"
di Andrea Salvini

Non è assolutamente facile rintracciare un unico punto di vista da cui valutare questa raccolta di Valeria Serofilli. E' inevitabile rifarsi alle due dichiarazioni di poetica che l'autrice ha posto all'inizio e alla fine della raccolta. Nella prima, Finestra, troviamo due versi che ci paiono significativi: "Vorrei far quadro che contenga tutti,/ giovani, belli e quelli un po' più brutti". La raccolta è veramente una tela con molti fili in trama e in ordito, fatti di sensazioni spesso ineffabili che il lettore è chiamato ad inseguire di verso in verso, ma più spesso di parola in parola. Le vicende che forniscono lo spunto per le singole liriche sono, a considerarle oggettivamente, quelle di una vita "normale". Proprio, però, da questa normalità Valeria Serofilli fa scaturire una dimensione nuova del reale, ironica, affettuosa, ma, spesso, anche sottilmente inquietante, grazie ad una sensibilità poetica sapientemente educata, come testimonia l'efficacia dei numerosi procedimenti espressivi usati dall'autrice, che altri hanno già opportunamente rilevato.Qui ci limiteremo a cogliere qualcuna delle caratteristiche, a nostro avviso, più rilevanti di questa raccolta, senza la pretesa di esaurirne la ricchezza.
Valeria Serofilli fin dalla prima lirica pone il suo sentire come unico e squisito ("per poterti mettere nella testa/ ciò che non vedi dalla tua finestra"). Significative ci sembrano alcune liriche che alludono ad una forma di isolamento contemplativo, ma non scontroso, perché la sua poesia sempre presuppone un dialogo discreto con il lettore. Ella dice, infatti, di sfiorare gli spazi più vasti mentre il lettore dà "lo straccio ai pavimenti", ma il suo non è un chiudersi nella sua più riposta sensibilità, perché suppone che l'interlocutore si faccia anch'egli portatore di emozioni quando è lui "a passare un bel momento". La presenza di liriche come
Isola, Eremo, Tempesta a valle, Dall'alto, e, soprattutto, certi passaggi quasi montaliani di Estasi panica e Solleone ("Per me voglio lande deserte, / dossi dorsuti, / rocce taglienti", "Volo scissa: / nel commiato alla vita / mi dipano"), ci sembrano confermare questa linea costante della poetica dell'Autrice.
Strettamente connessa a questa ricerca di uno spazio separato dell'anima sta, secondo noi, la tendenza a cogliere le epifanie della realtà più comune per trasfigurarle in profonde vibrazioni interiori. Un caso esemplare è quello della
Mimosa. In essa rivivono echi vagamente carducciani (Pianto antico) e, come il "verde melograno", una comune mimosa da giardino spezzata dal vento, diventa oggetto traslato di un senso universale di dolore, che si percepisce fin dai primi due versi: "anima di mimosa / stramazzata al vento".
Fosfeni è, sotto il profilo dell'ispirazione, una delle liriche più sorprendenti. A quanti riuscirebbe di trarre una poesia dal brillìo delle macchioline di colore che si formano sulla retina chiudendo gli occhi dopo aver guardato per un attimo il sole? Qui il procedimento epifanico raggiunge uno dei suoi vertici, nella felice fusione fra la visione di oggetti impalpabili e una serie di stati d'animo che si alternano e si intersecano al limite della coscienza.
Spesso dalla realtà presente si ha l'epifania di un ricordo o di uno stato d'animo già vissuti, con particolare riguardo all'infanzia. E' il caso di
Terra antica, Voce in conchiglia, Meravigliami, Anni 30 e altre ancora. Ci soffermiamo, a titolo di esempio, su una breve lirica che ci sembra particolarmente felice, SSIS Toscana: l'Autrice, come sappiamo, è tornata all'Università da adulta per conseguire la specializzazione all'insegnamento. A quell'età si fa esperienza soprattutto di ambizioni e rivalità tra colleghi, con conseguenti amarezze, ma la Serofilli ha colto l'aspetto più felice della situazione: la possibilità di una regressione collettiva all'infanzia, alla scuola elementare e ai suoi disegni vagamente naïf.
Quella di Valeria Serofilli appare ad una lettura superficiale una poesia fatta di quotidianità serenamente vissuta, ma occorre scrutare più a fondo. Infatti, una delle caratteristiche più evidenti di questa "Tela di Erato" ci sembra la presenza di contrasti. La raccolta si apre con immagini di solarità serena (
Primo sole, Maggio) che si trasfigura in un'estasi dionisiaca nel vorticare lieto del mosto nei tini (Intima essenza). Verso la fine, però, dopo la pausa distesa delle liriche dedicate alle sensazioni che si sprigionano da dipinti, ecco apparire Melanconia, anch'essa suggerita da un'opera di Dürer, che sprofonda il lettore, quasi all'improvviso, nell'abisso di uno degli stati d'animo più negativi con quel martellare di sostantivi in corsivo. Subito dopo passa l'ombra della morte vista negli animali domestici più cari (Pesce rosso, A Boris).
Viene poi la sottile inquietudine di
Tragitto, una delle liriche più interessanti di tutta la raccolta. Qui affiora netta una tenace inquietudine esistenziale che sembra correre invano attraverso una serie di sensazioni oniriche che si affollano nell'oscurità, per poi precipitare alla fine in una sorta di scontro con una realtà ostile e soffocante, la cui negatività viene fatta scaturire, con il consueto procedimento epifanico, dal semplice arresto del tergicristallo ("mentre a bloccar di meccanismo, / è fine del tragitto e buio pesto").
Ricordiamo infine
Girasoli, la lirica che, in un certo senso, chiude la raccolta vera e propria, prima delle dichiarazioni conclusive di poetica che troviamo in La poesia e Tela di Erato. In Girasoli sembra appunto che quel sole che splendeva sereno all'inizio della raccolta si sia come appassito nella tristezza inerte dei girasoli ormai secchi.
La ricerca di un contrasto ci sembra, poi, una delle caratteristiche dominanti anche in molte delle singole liriche che compongono la raccolta. Ci limiteremo a qualche esempio, tra i molti possibili. Prendiamo
Volo di lupo, che, nel suo insieme, è una testimonianza d'affetto dedicata al marito aviatore. Tutto il testo è imperniato sulla distanza che si crea fra gli uomini-lupi del cielo che si muovono in aria, e i "distanti astanti" che trepidano a terra. C'è, comunque, verso la fine una ricerca di unità nella diversità dei ruoli: "Tu pilota / io poeta / di questo mondo / condividiamo il canto".
Per rimanere ancora nell'ambito degli affetti familiari della Serofilli, consideriamo
Il colore della vita I, quadro di una passeggiata solitaria in città senza la vicinanza del figlioletto e del suo mondo incantato ("Non c'era Cocco con Bobo e Balù / né streghe e fatine per la strada"). La pur breve lirica si fonda tutta sull'opposizione cromatica e onirica tra il "bianco e nero" del "tutto" all'esterno e "il colore della vita" ritrovato con Daniele. Proviamo ad andare oltre. In Equilibrio la linea dell'orizzonte marino appare subito come una retta che separa nettamente l'acqua dall'aria. Per tutta la lirica serpeggia poi il tema della divisione nel paesaggio, come specchio di un dissidio interiore ("taglia e divide / e dei blu segna / confine"); l'immagine che rimane alla fine di essa nella mente del lettore è quella di un "filo di rasoio". Equilibrio si trova poi quasi al centro della raccolta, quasi a segnare il punto instabile su cui si appoggia l'altalena della vita interiore dell'Autrice. E non dimentichiamo che quasi all'inizio della raccolta troviamo un'altra breve lirica intitolata appunto Altalena che è originalmente condotta proprio sull'instabilità della visione che si ha durante le oscillazioni. In Fosfeni, una delle liriche più originali, come abbiamo già detto, per l'ispirazione da cui prende le mosse, troviamo una netta divisione al centro ("Ma triste sei"); più interessante, però, ci sembra qui l'immagine finale del mare in lotta con la riva fra onde e spuma, carica di senso metaforico, che sembra materializzare nel modo più felice il contrasto interiore.
Per concludere, certo provvisoriamente, le nostre riflessioni, possiamo dire che Valeria Serofilli ha dato in questa raccolta, più complessa e impegnativa rispetto a
Acini d'anima, la prova di una nuova maturità poetica per il numero delle prospettive che ci viene dischiuso. Ci sembra la poesia di una giovane madre che tende ad abbracciare affettuosamente la totalità del reale, ottenendone in cambio amore, ma anche qualche inquietudine.


ANDREA SALVINI


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