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Il parigino (romanzo), Ed. Tacchi, Pisa, 1992.

Renata Giambene > Narrativa

PRESENTAZIONE

Essere poeta vuol dire ri-creare il mondo. Essere scrittrice, vuol dire saper vedere il mondo e ricrearlo insieme.
Due doti entrambe insite nell'opera di Renata Giambene che oggi si presenta al suo pubblico — tanto ed affezionato — con un nuovo libro.
Il Parigino è un romanzo che non poteva avere di più i connotati della contemporaneità ed insieme essere lettura per chi va oltre il quotidiano, nel mondo imperituro dei sentimenti.
Continua la serie del Commissario Depierre che abbiamo imparato ad amare con
Mughetti per la Signora (Tacchi Editore, collana l'Astrolabio, 1991). Per un curioso gioco cui ci sottopone con malizia la Giambene, Mughetti per la Signora vive nelle atmosfere francesi e parigine pur senza portarne i segnali nella titolazione; questo Il Parigino invece pur indicandoci chiaramente un luogo di appartenenza è un romanzo tutto italiano, dove la provenienza parigina del personaggio è una tra le tante piste che il Commissario deve seguire alla ricerca del colpevole.
Ma in questo nuovo romanzo di Renata Giambene c'è di più: un sequestro di persona purtroppo così attuale sempre, la 'ndrangheta calabrese che colpisce ancora, la lotta insomma dell'Italia pulita contro la longa manus della delinquenza organizzata.
Renata Giambene si dimostra acuta indagatrice dell'animo dei suoi personaggi e vince la scommessa, ardua per tutti i narratori, con l'equilibrio tra i sommarii descrittivi e le sequenze dialogate. Riesce così a non frazionare con un eccessivo parlato il ritmo del racconto che però non è mai lento, appesantito dalle descrizioni.
Queste ultime sono infatti sempre funzionali al racconto stesso ed il lettore non le sente come pleonastiche o riempitive bensì indispensabili allo sviluppo della comprensione dell'intreccio.
E veniamo alla vicenda: come si fa a presentare la cosiddetta trama di un romanzo a suspence senza tradire, in qualche modo, chi questo romanzo si accinge a leggere?
Allora dico soltanto che chi ha apprezzato le doti di narratrice della Giambene in
Mughetti per la Signora, in Quei tali (di cui ci auguriamo la tempestiva ristampa), non sarà certo deluso da questo II Parigino che contiene colpi di scena, carrellata di presunti colpevoli che diventano personaggi semplicemente calunniati ed innocue figure che nascondono invece passati ed insidie inimmaginabili...
Come ho avuto modo di scrivere già per
Mughetti per la Signora, credo che anche in questo romanzo Renata Giambene dia prova di un'intelligente ed acuta consapevolezza delle regole dell'école du regard francese sapientemente miscelato con lo psicologismo del Novecento maturo.
Leggendo
II Parigino le scene sono così vivide ed i tratti — anche oggettuali — così ben descritti e caratterizzanti, che sembra di stare davanti ad un grande schermo e vedere scorrere davanti agli occhi della mente personaggi ed azioni.
La differenza tra la lettura e la visione anche di un ottimo film, sta indubbiamente nella capacità attiva che si concede al lettore e si nega invece allo spettatore. Il che sarebbe come dire, è di gran lunga migliore leggere un romanzo, magari questo della Giambene, che stare incollati alla TV per ore ed ore!
Quando ci si accinge a scrivere di personaggi e luoghi già introdotti in altre vicende, si mette in atto il meccanismo di attesa del «romanzo a puntate» o meglio, con più modernità, del serial!
Renata Giambene non dimentica così di lanciare esche per incuriosire il lettore ma insieme lascia aperta la porta per eventuali sviluppi della vicenda, anche «oltre» i limiti del romanzo stesso.
Ma come mai il Commissario segue la pista che lo porta dall'Italia del Nord fino al meridione? Che cosa è che ha scatenato la sequenza delle morti atroci, da quella del cosiddetto Parigino fino all'inquietante rapimento?
Frasi brevi, compatte, accompagnano il lettore alla scoperta di un movente e un assassino, in un romanzo che sarebbe restrittivo definire «giallo» ma che nelle intenzioni della sua autrice sicuramente vuole essere anche il racconto delle passioni umane, dall'amore all'invidia, alla smodata sete di potere e danaro.
Un viaggio per l'Italia insieme al Commissario Depierre ne
II Parigino di Renata Giambene, e soprattutto attraverso i sentimenti che l'umanità porta indelebili nella storia.
Con la sua opera narrativa, affiancata a quella pluripremiata e più che decennale di poesia, Renata Giambene si conquista il diritto ad un posto preminente nella repubblica delle lettere italiane che però, per essere davvero democratica, dovrebbe rendere merito al merito e divulgare anche attraverso i media più frequentati — intendo talk show e stampa a tiratura nazionale — scrittrici come Renata Giambene che hanno saputo restare fedeli alla propria vocazione di artisti, conoscendo il mondo e, come scrivevo in apertura di queste note, ricreando la realtà.

Neria De Giovanni




Il parigino di Renata Giambene è un libro denso di vicende e di situazioni intrecciate abilmente in cui l'autrice si muove disinvolta con il sorriso sulle labbra. Pare proprio che abbia scritto per naturale urgenza di soddisfare la sua facile ispirazione creativa divertendosi lei stessa mentre stende e realizza il tessuto romanzesco. Come nelle precedenti sue opere, ancora una volta ammiriamo Renata per le sue spiccate qualità di autentica scrittrice. Anche in questo suo libro l'immediatezza e la schiettezza di contenuto e di espressione convalidano la tempra versatile e fluida di una vera scrittrice. Delicata suspence, mano affilata sostengono il nutrito sostanzioso avvicendarsi di momenti che da un personaggio all'altro si proiettano in un racconto veloce, puro e colmo di suggestive immagini.
Piace certamente la scorrevolezza di un itinerario che da Parigi giunge a Catania. La saggezza dell'autrice sa dove portare e ambientare i suoi personaggi.
Preferiti indubbiamente anzi cari a Renata sono Louis Depierre il commissario, la figlia Renee deliziosa compagna delle paterne indagini. Personaggi già comparsi nel precedente libro di Renata
Mughetti per la signora.
Ma in questa sua nuova opera, gli stessi appaiono con nuova fisionomia più giovane, più fresca, più movimentata dagli eventi che scorrono nell'espansione del libro.
Riflettendo sull'argomento dell'opera mi concedo questa riflessione: la scrittrice nel giallo di delitti, violenza, rapimento si rivela incontaminata e fiera di denunziare al lettore il buon esito della giustizia. Infatti sconta poi sempre chi si macchia di orrendi delitti. Tale morale mi sembra ricordarci la scrittrice e la sua voce si allarga e si allontana ad ammonire chiunque sulla terra voglia arricchirsi a spese del Bene.

Elena Celso Chetoni




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