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Antonio Spagnuolo, Per lembi, Manni Editore, Lecce 2004.

Saggi e note critiche di Valeria Serofilli

ANTONIO SPAGNUOLO – POETA DEL FRAMMENTO

Nota di lettura di Valeria Serofilli alla poetica di Antonio Spagnuolo, con particolare riferimento a Per lembi (Piero Manni, Lecce 2004).

La
rapina d’alfabeti di Antonio Spagnuolo prosegue nei lembi dell’inconscio, anzi del preconscio dato che la genesi poetica si situa ad un livello più vicino alla coscienza di quanto non lo sia l’inconscio.
Questo si riscontra a livello linguistico come evidenzia Giorgio Linguaglossa nella sua recensione al testo apparsa sul numero di “Poiesis” (30 – 31 Anno 2004 – 2005) laddove sostiene che << la poesia [di Spagnuolo] diventa il luogo per ordire una trama, per catturare gli elementi extralinguistici quali il commento, la mimica, la gestualità, il retropensiero, nell’ambito dell’ordito sinallagmatico delle preferenze lessicali e sintattiche>>.
Sulla scia del Vico, secondo il quale la poesia è una creazione psicologica, anche Spagnuolo avvalora l’informale.
In calce a
Corruptions, la prima traduzione inglese di una sua opera completa(1) è riportato che il poeta è una creatura silenziosa, una creatura che non parla.
E se a Montale non vanno chieste parole che mondi possano aprire
(2), Spagnuolo invece, contro il linguaggio-manipolazione, pur evidenziandone il paradosso, non offre che parole in lotta per esprimere ciò che giace nel caotico magma antecedente alla parola stessa:

<<Non offro che parole:
ultimo paradosso per svegliarti.>>.
(
Rapinando alfabeti, lirica 1)




Anzi si fa addirittura parola egli stesso:

<<io parola al contrario, parola di parole, (…)>>.
(
Rapinando alfabeti, lirica 20)

Anche Pomilio, a proposito del valore prelogico della poesia di Spagnuolo, ne sottolinea il paradosso(3) mentre Franco Pignatti Morano, nel riscontrare l’adesione ad un’idea psicoanalitica della poesia da parte dell’autore, mette in rilievo come <<l’affiorare di questo elemento prelogico dell’esperienza mentale comporti in Spagnuolo il rifiuto di una sintassi vincolante sul piano del linguaggio come su quello del senso>>.(4)
Cercando abbandoni nelle carte ingiallite, dissezionando parole e saccheggiando alfabeti, Spagnuolo approda all’elaborazione di una “
poetica del frammento”, temine e immagine che peraltro ricorre in numerose sue composizioni.
In
Per lembi la VII lirica recita:

<<Nuda la casa, trasparente nel silenzio
di frammenti.>>.

In Rapinando alfabeti, servono a corrompere incantamenti i frammenti di una vecchia poesia recitata in controluce (lirica 6), frammenti che serpeggiano ingenui come nella lirica 11.
Le poesie, prevalentemente in settenari ed endecasillabi, sono veri
frammenti del vissuto in quanto caratteristica e merito di Spagnuolo è di non disgiungere mai la parola dalle cose reali. Fisicità e scrittura procedono parallelamente.
Frammenti, fosfemi… quello che maggiormente conta in poesia come nell’arte in genere è quell’energia, quella specie di “elettricità” in grado di fondere e unificare.
Aristotele ha scritto che la percezione rapida delle relazioni è il vero segno del genio. Segno che emerge dall’opera di Spagnuolo.
Secondo il critico Giuliano Manacorda, Spagnuolo identifica con l’Eros la forza necessaria per lenire a distanza l’arrivo di Tanatos.
(5) L’amore rimanda del resto alla simbologia generale della COINCIDENTIA CONTRARIUM, l’unione degli opposti: è la pulsione fondamentale dell’essere, la libido che spinge ogni esistenza a realizzarsi nell’azione.
Ma oltre all’
erotismo, in Spagnuolo risulta determinante il valore salvifico della Scrittura, <<vista come un estroso, inossidabile antidoto di sensibilità e autocoscienza >>(6).
Poesia “chirurgica” la definisce Massimo Barile
(7) in quanto la parola è dissezionata, rimodellata e rapinata della sua forma.
Non va del resto dimenticato che Spagnuolo è un medico specialista in chirurgia cardiovascolare e questa sua qualifica si avverte nel suo interrogare arterie (
Rapinando alfabeti, 13) e in altre espressioni appartenenti al campo semantico medico: in Per lembi si abbevera <<a ferite un milione di volte (…) tra le note di una incerta anestesia>> (poesia II), <<raggrinzite angioplastiche>> (XXXII), tranquillanti che precedevano il segno (IV), aritmie che <<segnano minacce di scansioni>> (VII) come pulsanti frammenti scanditi da battiti irregolari che si acquietano in silenzi di garza (<<di garza la quiete>> lirica X).
L’occhio medico avverte il decadimento fisico contro cui solo può la parola poetica che scavata sia nella vita come in una roccia d’ungarettiana memoria.
Maggiore musicalità e rigore sintattico, contro il rifiuto della precedente produzione, caratterizzano tuttavia l’ultimo lavoro
Per lembi. Costrutti classici del tipo dell’inversione sintattica <<non importa del sonno se più lunga è la notte>> (lirica V), piedi coturnati, alti calzari, vivaci ditirambi ed epigrammi, contrariamente alla fase di Rapinando alfabeti definita controelegiaca, sembrano volerci riportare proprio a questo modello storico-letterario scandito dall’alternanza del “tempus erat” contrapposto al “nunc” del verso seguente:

<<Erano gli anni dei piedi coturnati,
(…) Ora è intollerante respiro (…)>>
(da
Per lembi, lirica XXXIV)

che riprende:

<<era tempo d’ebbrezza
ora l’azzurro stacca il sorriso (…)>>.
(da
Il gesto – le camelie, 1992)

Dalle varie raccolte si affacciano fiori ed erbe ricorrenti dal chiaro e pregnante significato simbolico, sui cui steli ondeggia l’infanzia del poeta: le violette, il trifoglio, la verbena, la camelia che peraltro da il titolo ad un’intera raccolta, i glicini:

<<Là dove c’erano glicini o soltanto
segni di una possibile scomparsa,
compaiono i giorni del giardino
che ripete il mio gesto>>.
(da
Rapinando alfabeti, lirica 25)

E quale può essere il gesto di Spagnuolo se non quello altamente poetico, e di fascinoso splendore (Giorgio Bárberi Squarotti) anche se irregolare come la nostra vita?


<<Lasciami entrare nel mezzo delle attese:
tuffarti nel mio gesto irregolare,
come la nostra vita (…)>>.
(da
Rapinando alfabeti, lirica 12)


Note:
1. Antonio Spagnuolo, Corruptions, trad. di Luigi Bonaffini, Stony Brook, New York 2004.
2. E. Montale, “Non chiedermi la parola”.
3. In quanto <<la parola interviene a manifestare ciò che sta anteriormente alla parola>>, M. Pomilio, prefazione al
volume
Candida, Editori Guida, 1985.
4. In
Dizionario della letteratura italiana del novecento, Ediz. Einaudi, a cura di Asor Rosa, 1992.
5. G. Manacorda, cit. da L. Bonaffini nella prefazione a
Corruptions, op. cit.
6. Così la definisce Plinio Perilli nella sua acuta prefazione a
Rapinando alfabeti, op. cit.
7. Nella rubrica “Autori in vetrina
in Il club degli autori, Marzo – Aprile 2003 – Anno 12 – n. 127/128.






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