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Ciro Vitiello

Ospiti di Valeria Serofilli

Da Terremoto, Raccolta inedita del 2008


Happening terrestre
Preludio

A
fratture voragini si aprono Follie di fughe
per rotti margini Si spaccano monti, si spezzano rupi
Sono sradicate querce e pini Venti sono lupi
Davanti c’è una distesa immensa di pietre e fango

C’è il piffero lontano Chi soffia via il fumo
dalle case in fiamme Dindondindondindon
Si trascina case ville la terra La fiumana di fuoco
serpe si solidifica Sul quarzo potrò
camminare E sul mare sono pellicano
Io voce Io eco Io spirito
Vivente distante. Perpetua
sete Primordiale Neppure
l’erba è più.



FINALE

I

Incide il viso il silenzio del dolore,
quanto crudele è l’azzurro
e tagliente la bellezza dell’uccello
che becca il mare, l’illusione ci fingeva
benevoli profili: questa offesa
alla vita è il peggiore dei mali, chi può
tornare per mari rovinosi?

È testato il verbo che tormenta
rinnovella: sempre s’apre voragine
al termine dell’azione, se cede
la storia a una raffica di violenza,
se scava detrazioni per singhiozzi
e sfinimenti. Fermo o in cammino
sono un’alga in rete, lo spirito
si dissolve in un ri
volo fugace.



II

È febbraio e sembra aprile, dal ramo
riflette il fiore la tua pupilla,
ed io vortico senza mai desistere
dai ritmi di iris e di violette (la tradotta
gira e rigira in ore dissolute):
la verità deforma l’ateo e il fideista

perché nessun obolo ha da dare
né vele da issare; chi viene sulla sabbia
scrive cieco il testamento: “io, perenne
sovversivo, tra ruderi civili ho cercato
Spina e Spora, Dio ed Eco”.
La viltà accomuna gli egoisti
che dissestano circospetti
i manuali di alleanze,
così è finale d’afasia.


III

Sulle foglie desolate passano
le stagioni, la neve imbianca
le cime- pietroso è il corso del cane
quando il caso giace sulla meridiana
senza gnomone. Mentre la
girandola segmenta spazio
e tempo, vedo avidi ciechi due

che si aggrovigliano nel liquido,
siamo noi allo sbando?
Lembo di cielo è chiaro di montagne
quando assommano tempeste,
ed io guardo sopra il mare il naviglio
che ti porta all’isola felice o all’arpa
di Città. Persistente
è la ferita di veloce
devastazione.


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